Benvenuti a Lovernato, un affascinante borgo che sorge a sud di Ospitaletto, un luogo intriso di storia e arte, dove le testimonianze architettoniche narrano le vicende di un intero paese.
Le prime tracce di Lovernato risalgono all’807, quando un signore longobardo di nome Dragone di Rodermundo abitava a Vico Luernaco. Altre menzioni risalgono all’IX secolo, con Rodolfo di Biosmondo de vico Luberniaco. Tuttavia, la storia di Lovernato affonda le radici nell’epoca romana, come testimonia un’epigrafe nel presbiterio della chiesa. Il borgo si sviluppò grazie all’incrocio di antiche strade romane, come il decumano massimo “via Gallica” e il cardo Paderno-Travagliato. L’orientamento nord-est/sud-ovest, frutto della centuriazione romana, è evidente nella disposizione del borgo rispetto alla chiesa di Santa Maria di Lovernato e all’antica cascina.
La chiesa dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria, risalente al XV secolo, funge da elemento caratterizzante del borgo. L’edificio è a navata unica, separata dal presbiterio da un arco a tutto sesto, e presenta una copertura in legno con tavelle in cotto. La volta a botte decorata del presbiterio e la pavimentazione, in cotto con gradini di marmo, riflettono le modifiche avvenute nei secoli. La torre campanaria, di linee essenziali, è a pianta quadrata e custodisce nella cella tre campane risalenti al XX secolo. La facciata, anch’essa di semplici forme, è caratterizzata in mezzeria dal portale inquadrato da stipiti in botticino, sormontato da architrave e timpano con iscrizione e stemma del comune di Ospitaletto. All’interno della chiesa si conserva un pregevole ciclo di affreschi, che si sviluppa lungo le pareti inferiori della navata fino alla campata del presbiterio. I dipinti murali, datati tra il 1479 e il 1529, vennero eseguiti almeno in due fasi: ad una prima fase quattrocentesca risalgono quelli che occupano la parte inferiore delle superfici perimetrali dell’aula, mentre cinquecenteschi sono quelli del presbiterio, epoca in cui venne ampliata e sopraelevata la chiesa. Diversi artisti di ambito bresciano si alternarono nella decorazione, tra cui il cosiddetto Maestro di San Felice del Benaco e Vincenzo de’ Barberis, su commissione delle famiglie del luogo: è possibile leggere i nomi dei committenti nelle scritte che accompagnano i riquadri. I soggetti presentati riflettono la funzione votiva di queste immagini, testimoniata dalla ricorrente presenza dei santi tipici della devozione popolare nelle aree rurali come Sant’Antonio Abate e di quelli invocati in occasione di pestilenze come San Rocco e San Sebastiano. In Santa Maria, arte e fede si incontrano con il passato agreste del borgo, offrendoci uno spaccato della vita di questo luogo, fatto di speranze e aspettative spesso comuni anche a quanti oggi la visitano.